La tragedia siriana è sotto gli
occhi di tutti noi. Il Papa ha lanciato un forte e giusto appello affinché
tutte le coscienze si risveglino e si oppongano a nuovi massacri che potrebbero
portare anche all’estensione del conflitto.
Quello che risulta oscuro sono
tuttavia le ragioni di questa carneficina. La favoletta del dittatore cattivo e
dei ribelli buoni è una storiella che può andar bene per le menti semplici, ma
non soddisfa quanti vogliono capire le vere e profonde ragioni del conflitto
che si è scatenato.
In realtà il conflitto siriano si
innesta in una fase di destabilizzazione dell’intero Medioriente che trova le
sue cause principali nel declino della produzione petrolifera di quei paesi,
negli effetti del cambiamento climatico che influenza la quantità di
precipitazioni e nella crescita sostenuta della popolazione che si è avuta
negli ultimi 20-30 anni.
Osserviamo il grafico che segue:
Il conflitto in Siria è iniziato
il 15 marzo 2011, ovvero proprio nei mesi successivi al pareggio tra produzione
e consumo interno: prima interessante coincidenza!
Osserviamo ora il grafico che
illustra l’andamento della popolazione negli ultimi 12 anni:
Anche in questo caso appare evidente come la popolazione sia cresciuta di quasi 6 milioni di abitanti nel periodo pre-guerra, proprio mentre la produzione petrolifera stava paurosamente declinando.
Abbiamo ora due elementi
interessanti: tante bocche in più da sfamare proprio mentre diminuiscono gli
introiti in valuta pregiata!
Ma naturalmente non finisce qui.
Guardate come sta cambiando l’entità delle precipitazioni nella zona
mediterranea:
La grande macchia rossa proprio
sopra la Siria significa che c’è stata una drastica diminuzione della
piovosità, con conseguente calo dei raccolti.
Tutto questo significa che,
mentre diminuiva la capacità di acquistare cibo all’estero a causa del declino dei
guadagni petroliferi, la popolazione aumentava e i raccolti scarseggiavano. In
questa situazione lo stato siriano non ha potuto correre ai ripari con adeguati
programmi di sovvenzione alimentari. La fame e la povertà sono aumentate,
soprattutto tra le classi rurali che hanno risentito per prime della
diminuzione dei raccolti e hanno trovato le istituzioni impotenti a fornire
loro qualsivoglia aiuto.
La conseguenza sono state le prime
circoscritte rivolte e l’improvvido tentativo dello stato di rispondere con la
forza per far tornare la normalità. Questo è stato il cerino che ha dato via
all’incendio nel fienile!
Ecco un’altra immagine che mostra
la drastica diminuzione delle precipitazioni nelle zone agricole del paese:
Per dovere di completezza bisogna
aggiungere che la Siria ospitava sul proprio territorio circa un milione
di profughi, in gran parte palestinesi delle zone occupate, che hanno fatto
aumentare ancora di più la pressione demografica e alimentare.
La storia della Siria è qualcosa
di esemplare per il fatto che non solo descrive quanto già avvenuto in altri
paesi mediterranei (ad esempio l’Egitto, solo per riferirci al caso più
recente), ma mette in evidenza quale potenziale distruttivo e destabilizzante
abbiano i cambiamenti climatici in atto sommati al raggiungimento del picco di
produzione del petrolio e all’esplosione demografica degli ultimi decenni.
Quale può essere l’insegnamento
che si può trarre da queste vicende? Possiamo pensare di rinchiuderci nel
nostro recinto nazionale o europeo e non risentirne? Direi che la risposta è
NO!
Guardate la mappa delle
precipitazioni. Vedete la bella macchia rossa che si sta espandendo sulla
pianura Padano-Veneta? Ecco: questo significa che nei prossimi anni la zona
agricola più produttiva del nostro paese verrà messa sotto stress (in realtà lo
è già). Credo che non bisogna aggiungere altro!
Cosa fare per non arrivare
impreparati come la Siria al futuro ormai prossimo? Primo puntare il più
possibile all’autonomia alimentare. Oggi in Italia ne siamo ben lontani e,
nonostante ciò, migliaia di ettari di prezioso terreno agricolo continuano ad
essere cementificati (e pensare che ospiteremo l’EXPO sull’alimentazione…).
Secondo: puntare all’indipendenza
energetica cercando di utilizzare massicciamente le fonti rinnovabili, in
abbinamento ad un forte piano di efficientamento, diminuzione dei consumi e
federalismo energetico (spiegherò in uno dei prossimi post di cosa si tratta).
Terzo e non meno importante
aspetto è il controllo sulla crescita della popolazione. Ogni progresso nella
produzione alimentare e nell’efficienza energetica viene infatti annullato in
condizioni di crescita demografica.
Non ci sono altre scorciatoie.
Pensare di risolvere i problemi dell’umanità con la teoria della crescita
infinita in un mondo che sta esaurendo le risorse energetiche e minerarie è
pura follia. Se non cambiamo strada in fretta faremo, un paese per volta, la
fine dei nostri vicini del Mediterraneo.
Ah dimenticavo….scordiamoci di
poter mantenere un livello di vita come quello a cui siamo abituati. Efficienza,
riuso, condivisione, redistribuzione, sobrietà ed equilibrio dovranno essere le
parole d’ordine di un’Umanità che voglia sopravvivere in pace. Viceversa gli
scenari di tipo “siriano” ci aspettano dietro l’angolo. Meditate gente,
meditate!
Credo che lo scenario siriano ci sarà comunque, perchè la gente non accetterà il cambiamento di stile di vita, se lo intendiamo in senso completo, quindi usare la bici solo la domenica non conta nulla.
RispondiEliminaI governi hanno dimostrato la loro debolezza, è da venti anni che fanno conferenze a riguardo e sono tutte dei fallimenti, l'unico risultato ottenuto è che sempre più paesi abbandonani tali tavoli, non ultimo il Canada, l'Australia ha appena cambiato governo e subito il nuovo premier ha licenziato i ministri che si occupavano di lotta al cambiamento climatico. Andiamo bene, ma del resto i governi democratici sono schiavi del voto, e la gente non vota chi propugna stili di vita considerati "scomodi".
La gente? non si rende conto del potere che ha influenzando il mercato, si dice "tanto se lo faccio solo io non cambia niente", e nessuno fa niente. Come diceva Amartya Sen, la comodità ha ucciso la fantasia. Per fattori storici siamo sempre fan dei ribelli. Ma non ci ribelliamo.
Per quanto riguarda il resto hai fatto una bella analisi. In fondo in Europa c'è stata pace dopo la seconda guerra mondiale perchè c'è stato un certo benessere. Nel blocco sovietico era già diverso. Sulle rivolte nei paesi arabi dovremmo anche valutare la volontà della popolazione di arrivare agli standard occidentali. Ma è questione più psicologica.
Pare che la popolazione mondiale comincerà a scendere decisamente verso il 2050, dalle ultime stime.
Concordo con te. Più parlo con la gente e più mi rendo conto che pochissimi sarebbero disposti a cambiare stili di vita per preparare un mondo in cui la sopravvivenza della razza umana non sia solo questione di fortuna. La colonizzazione dell'immaginario e delle menti ormai è arrivata allo stadio apicale e non si torna indietro in pochi anni. Quando i popoli capiranno che le esigue risorse energetiche e alimentari non bastano per tutti scoppierà la rabbia e la violenza come in Siria e come è successo negli altri paesi del sud del Mediterraneo. Ci aspettano 1, 100, 1000 Sirie nel futuro ormai prossimo. L'unica cosa che possiamo fare, anche nel nostro piccolo, è mantenere viva l'informazione e la consapevolezza. Per il resto, come disse Gandhi, possiamo solo cercare, con tutti i nostri limiti, di essere il cambiamento che vorremmo vedere avvenire nel mondo...
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